Mi ricordo con quale entusiasmo qualche lustro fa sono stati accolti i prodotti “usa e getta”. Un grande passo avanti nell’igiene, l’ineguagliabile comodità del monouso, l’evidente risparmio di fatica. Certo, tutto vero. E infatti oggi siamo circondati di prodotti monouso senza che nemmeno ce ne rendiamo più conto. Non sono solo i fazzoletti di carta o le lenti a contatto, tutto quello che utilizziamo in qualche misura è destinato ad essere scartato senza speranze dopo l’uso, l’unica variabile in gioco è la durata utile. Se la durata di uno stereo medio è di qualche anno e quella di un paio di occhiali da sole una o due stagioni, per molti altri articoli i tempi sono ben più limitati. Basti pensare a confezioni ed involucri di ogni genere, giornali e riviste, quasi qualsiasi oggetto di carta, quasi qualsiasi oggetto di plastica. Il tempo e l’energia necessari a produrre questo genere di beni è di gran lunga superiore in termini di sostenibilità all’uso che ne viene fatto. Ma ho la sensazione che di questi costi nascosti nessuno tenga conto. Non si tratta di un’osservazione di carattere economico, più di carattere ecologico e di costo per il sistema.
Ogni ordinario giorno siamo responsabili della creazione di molti più rifiuti di quanto immaginiamo e questo di per sè non sarebbe grave se non che l’utilizzo che facciamo degli oggetti è talmente stupido che viene da chiedersi se l’uomo non consumi più per sfizio che per necessità. Oggi ho consumato almeno due metri di carta igienica, due fogli di carta oleata in cui è stato avvolto il mio panino, due buste, una decina di volantini che non ho nemmeno letto, solo per citare le prime cose che mi vengono in mente. Quante volte in una giornata allunghiamo la mano e gettiamo qualcosa nel cestino? Moltissime. Ma ormai siamo abituati e nemmeno ci facciamo più caso. Il bicchierino che ha contenuto il caffè per tre minuti è già nel fondo del cestino dopo che per produrlo è stato necessario tagliare alberi, elaborarne la polpa, produrre del cartoncino, modellarlo a forma di bicchiere, confezionarlo e spedirlo. Tutto questo processo per due minuti di utilizzo. A nessuno è mai venuto in mente che stiamo pagando un po’ troppo in termini ambientali per un semplice contenitore da bevande?
raffaella ha detto:
è una semplice questione di liberalismo economico, fintanto che il prezzo di equilibrio di questi oggetti rimane così basso, la domanda non calerà e quindi neanche l’offerta e quindi ancora, neanche il prezzo. ci vorrebbero delle regolamentazioni ma la questione si complicherebbe non poco, e poi dovrebbero essere regolamentazioni GLOBALI e ce li vedo tutti che vendono bicchieri di plastica a 10€ l’uno e i cinesi che fanno sempre come gli pare e li vendono a 10cent….
mish ha detto:
infatti il costo è basso perchè i costi ambientali attualmente non li paga nessuno…o meglio tutti indifferenziatamente senza stimolare una scelta. Qualche anno fa avevo avuto una brillante idea…chissà che qualche politico lettore di questo blog non ne possa tenere conto…la tassa per la spazzatura che attualmente paghiamo noi utenti finali in base ai mq dei nostri appartamenti dovrebbero invece pagarla le ditte produttrici a seconda dell’ingombro, della riciclabilità e della durata dei loro prodotti. Così il costo degli oggetti rispecchierebbe davvero tutti i costi, non solo produzione ma anche smaltimento e finalmnete chi butta di più e più sconsideratamente pagherebbe per il suo comportamento.
raffaella ha detto:
è vero, così si risolverebbe il problema delle esternalità. qualcuno deve pagare, se il consumatore o il produttore poco importa – ovviamente sono due alternative che hanno prospettive e risvolti completamente diversi, ma alla fine il principio è proprio quello di far “rientrare” nel mercato di costi di inquinamento, così che influiscano sulla quantità prodotta ottimale per il benessere sociale. Al momento il prezzo ottimale è così basso perchè non esiste un “mercato dell’inquinamento” per cui chi inquina paga.
Torniamo al punto che il mercato dovrebbe essere imposto da regolamentazioni governative che però sarebbero difficili da implementare. O forse no, forse è semplicemente che nessuno pensa di avere interesse a prendere in considerazione questo costo. per ora.
raffaella ha detto:
…Far rientrare nel mercato i* costi dell’inquinamento, intendo in modo tale che il costo marginale (per ogni unità prodotta) per il produttore aumenti, così che questo produca una quantità minore a prezzo più alto. Se il prezzo è alto, la gente spontaneamente ci penserebbe due volte prima di buttare via.