Come quello che sarebbe decente stendere sulle dichiarazioni e le intenzioni di troppi politici della progressista Europa in tema di tolleranza di usi, costumi e religioni altrui. L’arroganza di intervenire con il peso della legge in ambiti che riguardano esclusivamente la vita privata dei cittadini e senza diritto alcuno limitarne le scelte con la forza. La debolezza di cedere alle correnti xenofobe in cambio dei trenta denari di un temporaneo aumento del consenso dell’elettorato e sfruttare biecamente la demagogia per manipolare le opinioni delle masse. L’illusione che vietare risolva le situazioni anziché crearne altre diverse più complesse. Il deliberato e reiterato disprezzo per i diritti fondamentali dell’uomo che sono continuamente calpestati ed ignorati come se non fossero i principi basilari su cui dovrebbe fondarsi una società giusta ed equa, ma privilegi generosamente elargiti che possono essere liberamente revocati nel momento in cui se ne presenta la necessità.
Proporre di vietare il velo riempiendosi la bocca di argomenti quali la difesa della dignità della donna o le obsolete norme sul volto scoperto è un insulto all’intelligenza dei cittadini ed un offesa a chi realmente ha a cuore la parità dei sessi. La legge violerebbe i diritti umani e civili delle donne che liberamente scelgono di indossarlo e non offrirebbe alcun vantaggio a coloro che vi sono costrette. Invece il libero e democratico occidente dimostrerebbe ancora una volta di essere disposto a mettere da parte i nobili principi che ostenta quotidianamente nei confronti dei regimi oppressivi nel momento in cui l’odio raggiunge una certa soglia. Con che credibilità può l’Europa incoraggiare la diffusione della democrazia ed il rispetto dei valori umani presso le nazioni più autoritarie proprio nel momento in cui diversi paesi del vecchio continente mettono in atto misure simili a quelle che deplorano negli altri?
“Any society that would give up a little liberty to gain a little security will deserve neither and lose both.” – Benjamin Franklin
Fabrizio ha detto:
Ciao,
Devo dire che non sono d’accordo con te.
Mi considero una persona piuttosto liberale, insofferente nei confronti di costrizioni provenienti da uno Stato che lo fa per il “mio bene”, come se il mio bene fosse affare altrui.
Qui però è diverso.
Tollerare il velo in pubblico significa mandare un messaggio equivoco alle comunità musulmane presenti nei nostri paesi: significa dire che i cittadini non sono uguali di fronte alla legge e che il diritto religioso prevale sulle leggi dello Stato.
Qualcuno potrebbe portare l’esempio delle suore, anche loro parzialmente velate.
Nessuno però obbliga una ragazza oggi a diventare suora. Se sceglie quella via, sa cosa l’aspetta.
Quante sono invece le musulmane che sono veramente libere di portare il velo?
Quante sono quelle che lo portano perché costrette dalle botte dei parenti maschi?
Da una suora poi non ci si aspetta che ricopra incarichi pubblici.
Se io vado in Municipio, voglio vedere in faccia l’impiegata con cui ho a che fare.
Se mando mio figlio a scuola dalle suore le maestre sono “velate” è vero, ma scelgo io di mandarle in una scuola cattolica.
Se li mando in una scuola pubblica non vorrei avessero a che fare con persone che si nascondono dietro un velo.
In casa propria naturalmente è diverso, e chiunque può andare bardato come meglio crede.
E per fare un esempio io, non fumatore anti-proibizionista trovo giusto che il fumo sia vietato nei luoghi pubblici (dove anch’io posso passare) ma sbagliato che le droghe leggere siano proibite per il mio bene.
mush ha detto:
Ciao Fabrizio,
grazie del tuo interessante commento a cui mi permetto di rispondere.
Le questioni che poni sono due, l’una riguardante la salvaguardia dei diritti delle donne costrette a portare il velo contro la propria volontà, l’altra a proposito della riconoscibilità dei cittadini in luoghi pubblici.
Temo che per risolvere la prima non sia sufficiente vietare il velo. Chi lo porta per scelta lo abbandonerebbe con il risentimento di essere costretta a rinunciare ai propri usi e di non avere la possibilità di osservare il proprio credo, un diritto difeso da tutte le costituzioni moderne. Chi vi è costretta con la forza si troverebbe tra l’incudine della tradizione e il martello della legge, probabilmente le condizioni non migliorerebbero affatto.
Per quanto riguarda la seconda, la legge a cui tutti fanno riferimento non può essere altro che l’articolo 85 del Regio Decreto del 18 giugno 1931, redatto in piena epoca totalitarista fascista. Il passo in questione “E’vietato comparire mascherato in luogo pubblico” appartiene alla sezione “Degli spettacoli e trattenimenti pubblici” e non credo di stiracchiare la fantasia se suppongo che la norma avesse a che fare con una politica di controllo delle attività culturali, probabili focolai di contrari al regime.
Mi preme anche sottolineare che il tema della riconoscibilità in pubblico è particolarmente anacronistico nell’era attuale delle plastiche facciali, ma non era praticabile nemmeno in antico Egitto agli albori del make-up. In altre parole, se qualcuno non vuole essere riconosciuto in pubblico può fare benissimo a meno di coprirsi il volto e utilizzare altri metodi.
A mio avviso la proposta di proibire il velo è anticostituzionale, pretestuosa ed ha il valore di una ripicca europea nei confronti di popolazioni e culture che non siamo in grado di accogliere come nostri pari.
Fabrizio ha detto:
Ehi, che rapidità nel rispondere.
Capisco il tuo punto di vista, ma vorrei fare qualche osservazione.
Personalmente ritengo, ma potrei sbagliarmi, che il velo sia l’espressione più visibile e tangibile di una cultura che intimamente disprezza le donne, le relega al rango di pezzi di carne (a ciò le paragonò un imam australiano) che dovrebbero solo vergognarsi di esistere, e che perlomeno dovrebbero evitare di inquinare troppo la vista dei credenti coprendosi.
Prova ne è che in diversi paesi musulmani il velo è obbligatorio (non conosco invece paese al mondo che obblighi i cittadini a portare la croce al collo o il tondino rosso degli indù in fronte).
Capisci? Il velo non va proibito in quanto espressione di una parte dell’Islam (non tutte le musulmane si velano), ma va proibito in quanto espressione di una concezione della donna che è incompatibile con i nostri valori. Non a caso in Italia ci sono donne musulmane che vorrebbero proibire il velo.
Col divieto del velo l’Occidente “urla” che no, queste cose nei paesi occidentali non si possono fare, che sono incompatibili con i nostri valori.
Se una musulmana infatti portasse al collo un pendaglio con la mezzaluna o versetti del Corano non ci sarebbe alcun problema: vietare un simile ornamento sì sarebbe una discriminazione inaccettabile.
Ci sarebbe poi moltissimo da discutere sull’accogliere come pari a noi una cultura che si presta difficilmente all’integrazione, in quanto votata alla politicizzazione della religione (il Corano va preso alla lettera, senza discuterlo).
Non sono certo per l’esclusione a priori dell’ingresso dei musulmani in Occidente. Penso però che l’Occidente non possa permettere, in nome di un malinteso senso dell’accoglienza e della tolleranza, ciò che contrasta contro i principi basilari della propria civiltà.
Vuoi mangiare al tramonto per il Ramadam e fare l’astemio a vita? E’ ok. Vuoi infibulare tua figlia e picchiare tua moglie? Vai in galera.
E’ questo che va fatto capire ai musulmani che desiderano entrare nei nostri paesi: queste sono le nostre leggi basate su ciò in cui crediamo, e questi principi non sono negoziabili.
Non vi piacciono? Nessun problema, ma la strada dell’aeroporto la conoscete.
Non sono sicuro, ma credo che il girare mascherati (escluso carnevale e simili) sia vietato dagli anni ’70 quando c’era l’emergenza terrorismo.
Per finire la questione fondamentale secondo me è questa: possiamo, in nome della libertà, accettare qualcosa che le va contro?
Possiamo, in nome della tolleranza, essere tolleranti con gli intolleranti?
Io la penso come Popper, penso di no.